Canyon-SRAM Racing, Shari Bossuyt sospesa per due anni: “Non farò ricorso, ma la commissione ha riconosciuto la contaminazione”

Shari Bossuyt è stata sospesa per due anni in seguito alla positività al metabolita del letrozolo, sostanza vietata dalla WADA. La ciclista 22enne, campionessa del mondo due anni fa nell’americana assieme a Lotte Kopecky, era risultata positiva a un test antidoping a marzo, dopo aver vinto la terza tappa del Giro di Normandia. Come il ciclocrossista Toon Aerts, risultato positivo alla stessa sostanza il 19 gennaio 2022, anche lei ha ricevuto una squalifica biennale. La polivalente atleta, che si stava preparando per una stagione importante, con ovviamente i Giochi come potenziale momento chiave, ha comunicato la notizia tramite i suoi social.

La belga, che da sempre si è dichiarata innocente, ha più volte sostenuto di non aver mai usato il letrozolo, almeno non volontariamente. “Non avevo mai sentito parlare di questo prodotto. Tutto fa pensare a una contaminazione, pensiamo alla carne o al latte”, aveva infatti spiegato a giugno, nel momento in cui era stato dato l’annuncio di questa positività. Una posizione che sostiene ancora, ma che non è in grado di provare in maniera documentale e fattuale, come sarebbe richiesto dalle istanze internazionali.

“Il 4 dicembre ho ricevuto il verdetto dell’AFLD (Agenzia antidoping francese) con una proposta di sospensione – spiega ora – Come previsto, mi hanno proposto una sospensione di due anni. Confermano e riconoscono il fatto che la contaminazione non è stata intenzionale, ma noi non possiamo, come nel caso di Toon Aerts, provare esattamente la fonte della contaminazione pertanto il contesto legale non permette di ridurre ulteriormente la pena”.

Per l’Agenzia antidoping non ci sono dunque le condizioni per una riduzione della pena e la fiamminga, abbattuta dalla situazione, non sembra avere nemmeno l’intenzione di provarci: “Tutta questa vicenda è enormemente frustrante! Nessuna umanità, nessuna sfumatura, nessuna consultazione. Qualcuno mi spieghi come un atleta possa dimostrare la contaminazione attraverso il cibo. Dopo aver ricostruito pezzo dopo pezzo, sappiamo quasi con certezza da dove proviene, ma purtroppo non possiamo dimostrarlo concretamente. Per questo abbiamo bisogno di rapporti ufficiali che possono essere fatti solo da organi ufficiali, oppure da ricerche di laboratorio o universitarie”.

La Bossuyt aveva messo nel mirino le Olimpiadi di Parigi, ma purtroppo i suoi sogni dorati sono andati in frantumi non potendo attendere i tempi di tali ricerche, né essendo in grado di sostenere lo sforzo economico per uno studio di questo tipo. Malgrado dunque la parziale ammissione della commissione,  che non esclude la contaminazione alimentare, respingendo solo parzialmente i mancati benefici della sostanza nel corpo femminile, i due anni di squalifica sono ormai una realtà con cui la 23enne dovrà necessariamente fare i conti.

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